Cambiare lavoro? Un passo alla volta. Ecco cosa ha funzionato per me

La via maestra per cambiare lavoro e svoltare la propria carriera non esiste. Esistono diverse strategie, e qui ti racconto cosa ha funzionato per me. Trovi anche un esercizio di self-coaching!

Premessa: non esistono strategie giuste o sbagliate

Quando si parla di cambiamento, soprattutto professionale, tutti sembrano avere la propria ricetta: chi consiglia di lasciare tutto e buttarsi,
chi invita alla prudenza e a non muoversi senza un piano B e chi più ne ha ne metta.

La verità? Non ci sono strategie giuste o sbagliate. Ci sono strategie che vanno bene per alcuni e non per altri.

E va bene così. Non tutti siamo uguali, non tutti abbiamo le stesse esigenze. Ma una cosa è certa: serve rispetto per le scelte individuali proprio perché noi non siamo quelle persone. E purtroppo c'è ancora troppo giudizio e critica. Il punto è che le persone giudicano gli altri in base alla loro prospettiva di vita. Come se per interpretare quel che accade nel mondo io applicassi solo e soltanto il mio filtro. Questa cosa prima la si capisce meglio è perché aiuta a prendere consapevolezza che la realtà, per come la vediamo, non è altro che la sintesi che passa da quel filtro.

Quindi, tornando alle strade professionali, e a come cambiare rotta (cosa sacrosanta, a tutte le età) c’è chi sceglie di licenziarsi solo dopo aver pianificato ogni dettaglio, e chi decide di farlo anche senza un’alternativa pronta.
In entrambi i casi non c’è nulla di “sbagliato”: quando si arriva al punto di lasciare un lavoro senza rete di sicurezza, spesso è perché quel lavoro ha già smesso da tempo di farci vivere bene. E allora sì, tutto il rispetto per chi prende una decisione così drastica. Ho conosciuto entrambe le categorie di persone, ma quelle che mi hanno commosso e con le quali si è creato un rapporto speciale sono le persone che di punto in bianco hanno lasciato il lavoro senza "l'alternativa". Perché, ammettiamolo senza fronzoli, ci vuole coraggio a lasciare un lavoro senza il piano B già rodato e funzionante. Ma io ammiro quelle persone che hanno consapevolezza di sé e fiducia tali da accompagnarle nella scelta più difficile. Sono le stesse persone capaci di trovare soluzioni ai problemi, sempre.

La mia filosofia? Se mi segui da un po' lo sai già... Il lavoro non rappresenta solo una fonte di reddito.
È tempo, energia, salute mentale, identità. E se toglie più di quanto restituisce, lasciare può essere un atto di coraggio, non di incoscienza.

Come ho fatto io: il mio cambiamento, passo dopo passo

Non sono qui per darti una strategia “giusta”. Voglio solo raccontarti come ho fatto io, nel momento in cui ho deciso di lasciare un lavoro che non mi rappresentava più, ma che non potevo abbandonare da un giorno all’altro.

È stato un percorso fatto step by step che voglio raccontarti perché se sei qui stai di certo pensando a come fare quel cambiamento che aspetti da tempo, ma hai bisogno di confrontarti con qualcuno, di prendere spunto da chi l'ha già fatto. Ecco, il senso di questo articolo è proprio questo: aiutarti a prendere qualche spunto utile e farti sapere che ci sono, se ti serve un supporto professionale.

1. Mettere nero su bianco la mia volontà

La prima cosa che ho fatto è stata scrivere. Ho messo nero su bianco una frase semplice ma potente:

“Questo lavoro non mi rappresenta più. Ecco perché.” Da lì ho stilato una lista di 60 motivi per lasciarlo. Sessanta.
L’ho riletta più volte, nei giorni in cui il dubbio tornava. E ogni volta mi era chiaro che non era una scelta impulsiva, ma necessaria.

Scrivere quella lista è stato un atto di consapevolezza. Non serviva convincere nessun altro: dovevo convincere me stessa.

2. Preparare il mio piano B

Ho iniziato a lavorarci mesi prima di lasciare il lavoro. La mia exit strategy è stata costruita in tre fasi:

  • Fase 1: capire cosa volessi davvero fare e scegliere di investire su di me.
  • Fase 2: trovare il percorso giusto di formazione, studiare, certificarmi.
  • Fase 3: creare un cuscinetto economico che mi desse libertà e sicurezza.

Avevo capito che la mia direzione era la libera professione, che volevo dedicarmi al coaching, ma non potevo farlo “di pancia”: dovevo farlo con radici solide.

Con i risparmi che avevo, ho deciso di investire in formazione, viaggi e studio.
Ho scelto un percorso internazionale che mi ha portata a ottenere la certificazione ICF, ma soprattutto mi ha dato la libertà mentale ed emotiva di dire:

“Sono pronta. Posso lasciare.”

Le condizioni che hanno reso possibile il cambiamento

Riguardando quel periodo, mi rendo conto che alcune scelte hanno facilitato la transizione.

La prima: avere una persona accanto che mi ha sostenuta.
Il mio compagno di allora, oggi mio marito, ha sempre creduto in me.
Non veniva dal mio mondo, non aveva la stessa carriera, ma ha rispettato la mia esigenza di cambiare, anche quando non era “razionale”.

La seconda: aver condiviso la mia decisione con pochissime persone.
Solo con qualche amico. Il resto l’ha saputo quando ho aperto la partita IVA.
Non perché volessi nasconderlo, ma perché non volevo disperdere energie a spiegare scelte che solo chi le vive può capire davvero.

Non era presunzione. Era lucidità.
Avevo bisogno di proteggere il mio spazio mentale, di pensare a me senza lasciarmi condizionare. Questo tipo di lucidità è arrivata nel momento in cui ho preso maggiore consapevolezza di me e fiducia nelle mie risorse. Quello è stato il momento in cui ho ascoltato me, e solo me, evitando distrazioni.

Altre strategie che possono funzionare (per te)

Ogni cambiamento segue un ritmo diverso.
Non tutti possono – o vogliono – fare lo stesso percorso, ma ci sono alcune strategie pratiche che possono aiutare a rendere la transizione più sostenibile.

Queste che sto per condividerti sono alcune delle strategie che dei miei coachee hanno applicato a loro stessi. Ripeto, trattasi di una serie di spunti utili a te, affinché tu riesca a trovare la tua strada.

1. Microcambiamenti intenzionali

Non serve cambiare tutto in una volta. A volte bastano piccoli spostamenti: intraprendere un percorso di formazione, avviare un nuovo progetto, chiedere uno spostamento interno... aprirsi ad altro. I microcambiamenti creano spazio, allenano la fiducia e permettono di testare nuove identità professionali senza strappi. Se lavori in azienda e il ruolo che ricopri ti sta stretto potresti provare anzitutto a parlarne con il tuo responsabile, e a capire che tipo di evoluzione potrebbe esserci per te.

2. Creare una rete di supporto

Il cambiamento è più facile quando non lo si affronta da soli. Ma devi circondarti di persone giuste.
Trovare una community, un gruppo di colleghi o una rete di professionisti che condividono la stessa fase aiuta a sentirsi compresi, e spesso apre opportunità inaspettate.

In molti casi il network è tutto. Ho visto persone ottenere un ruolo o un cambiamento lavorativo proprio grazie al network, senza inviare CV.

3. Fare un “inventario energetico”

Prima ancora del bilancio economico, serve capire dove va la nostra energia. Quali attività ci nutrono? Quali ci svuotano?
Questa analisi è la base per capire se il cambiamento che desideriamo nasce da stanchezza o dalla necessità di evolverci.

4. Mantenere un ponte

Per molti, la strategia più equilibrata è restare a cavallo tra due mondi per un periodo: lavorare part-time o in transizione, costruendo gradualmente la nuova attività mentre si mantiene una stabilità economica. Non è indecisione: è un modo intelligente di onorare entrambe le realtà. L'ho fatto anche io all'inizio del mio percorso lavorativo come coach. In realtà la mia è una figura ibrida perché sono anche una consulente di marketing freelance. Grazie a queste competenze ho avuto modo di trovare clienti e opportunità di business che mi hanno permesso di avere delle entrate variabili ma sempre in crescita.

5. Investire su sé stessi

Ogni cambiamento sostenibile parte da un investimento: tempo, energia, competenze, cura di sé.
Studiare, fare coaching, fermarsi per ascoltarsi sono tutte azioni concrete di costruzione.
Il cambiamento vero nasce quando iniziamo a trattarci come il nostro progetto più importante. Perché lo siamo.

Investire su di sé non è mai tempo perso. Se pensi che la crescita personale e la formazione siano valori per te ma ti senti in stallo in questo momento della tua vita, allora prova a capire dove ha senso fare un investimento e quali frutti ti aspetti di raccogliere, a un certo punto.

Il cambiamento è personale. Sempre.

Non c’è un modo giusto per cambiare.
C’è il tuo modo.

Quello che conta è che la decisione arrivi da un atto di consapevolezza, non di fuga. Che sia ponderata, sentita, vera.

C’è chi ha bisogno di un piano B dettagliato.
E chi, invece, ha solo bisogno di respirare e dire “basta”.
Entrambi hanno ragione, se stanno agendo nel rispetto della propria energia e dei propri tempi.

Il cambiamento è un processo, non un evento.
È fatto di piccoli passi, di coraggio silenzioso, di notti in cui non dormi e mattine in cui capisci che, anche se fa paura, stai andando nella direzione giusta.

E tu?

Se stai pensando di cambiare, chiediti: cosa mi aiuterebbe a passare dal punto A al punto B?

Prova a fare questo breve esercizio di self-coaching rispondendo a queste domande:

  1. Cosa mi restituisce energia, e cosa invece me la toglie?
  2. Quali piccole azioni potrei compiere da subito per avvicinarmi a ciò che desidero?
  3. Quale paura sto proteggendo restando dove sono?
  4. Chi potrei diventare se smettessi di resistere al cambiamento?

Scrivile, senza giudizio.
Le risposte che emergeranno potrebbero sorprenderti.

Perché il cambiamento non parte dal “fare”, ma dal riconoscere.
E da lì, passo dopo passo, comincia la trasformazione.

Infine...

Il cambiamento non è mai una linea retta. È un sentiero fatto di consapevolezze, prove, paure e nuovi inizi.
Non serve avere tutto chiaro.
Serve iniziare, un passo alla volta.

Se vuoi possiamo fare insieme questo primo passo!

Ho aiutato centinaia di professionisti a cambiare rotta, fare chiarezza e ri-orientarsi nel mercato del lavoro.

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