Hai costruito una carriera solida, magari in un settore digitale o emergente, ma fai fatica a spiegarlo ai tuoi genitori. Scenario tipico. Fai parte di quei professionisti affetti da incomunicabilità generazionale, ma non solo. Cerchiamo di capire cosa accade.
Ci sono passata anche io: come glielo spiego? Più di una volta, di fronte a un mio cambiamento professionale, ho avvertito la fatica (ma anche il peso) di dover spiegare ai miei genitori qual è stato il frutto dei loro sacrifici. Alcune volte, provando a spiegare, mi sono sentita giudicata. Troppe aspettative (forse) o troppe differenze di linguaggio. Ad ogni modo, la sensazione che resta è di non sentirsi capiti. Di non riuscire a tracciare un ponte, quella linea retta che dovrebbe essere la comunicazione tra simili, tra chi ha trascorso anni di vita insieme.
C'è stato un momento in cui i miei genitori dicevano, agli altri: "mia figlia lavora al computer", spesso con me presente. All'inizio provavo a spiegare, argomentare un po' meglio quella che sembrava essere un'uscita infelice, banale e priva di senso. Quando mi sono resa conto che si trattata di fiato sprecato e parole buttate al vento ho smesso. Ho provato in molti modi a spiegare il mio lavoro ai miei, non ci sono mai riuscita.
Ho provato a spiegare i miei cambiamenti di lavoro, di carriera, i salti che ho fatto indietro e in avanti, la scommessa di investire su di me, i dubbi, le perplessità, le paure... nulla. Non hanno mai capito cosa facessi. Non si sono applicati abbastanza? Non c'è stato reale interesse? O forse io non ho fatto abbastanza per cercare di far capire loro, in termini semplici, di cosa mi occupassi?
Non ho una risposta certa, so solo che per parecchio tempo mi ha fatto male. Soffrivo il fatto che i miei genitori non capissero. A volte avevo la sensazione che sminuissero il mio lavoro e che i sacrifici fatti fossero solo lato loro, non mio.
I motivi principali per cui i genitori fanno fatica a capire il lavoro dei figli
- Generazioni diverse, linguaggi diversi: i nostri genitori sono cresciuti con il mito del “posto fisso” e della carriera lineare. Punto, non si discute. La cosa più importante per i miei era che io avessi un contratto di lavoro, a tempo indeterminato e che - grazie a questo - potessi vivere dignitosamente, magari senza continuare a pesare su di loro e le loro tasche.
- Mestieri nuovi: oggi esistono lavori che 20 anni fa non erano nemmeno immaginabili. Sono un coach e un digital marketer: lavori che i miei 20-30 anni fa ignoravano. Il marketing è di certo meno recente del coaching e 20 anni fa non ci avrei scommesso neanche io. Ma pensiamo all'intelligenza artificiale, a come sta cambiando il mercato del lavoro e ai nuovi lavori che aprirà. Le tecnologie si evolvono e a breve sarà la nostra generazione a non capirci più tanto. Cosa fare, quindi? Non smettere mai di restare al passo con i tempi, aggiornarsi. E oggi direi che non ci sono scuse.
- Bisogno di approvazione: spesso dietro la fatica di spiegarsi si nasconde il desiderio di sentirsi riconosciuti e validati. Lo ammetto, per molto tempo questo bisogno di approvazione (del tutto umano) mi ha fatto vivere male. Non dico che sia sbagliato cercare approvazione negli altri. Da un lato è giusto che gli altri, in quanto specchio di noi stessi, siano anche il metro di giudizio, altrimenti rischiamo di cantarcela e suonarcela. Ma bisogna scegliere le persone giuste. Persone che parlino la nostra stessa lingua, e nel caso di gap generazionali piuttosto forti la lingua parlata è inevitabilmente diversa.
Cosa fare, quindi, per farsi capire senza giudizi?
Nel mio caso ho smesso di spiegare. Mi sono resa conto che i miei non cercavano una spiegazione puntuale, per loro la cosa importante era che io lavorassi, che mi piacesse il mio lavoro e mi permettesse di vivere. Quindi, con il tempo hanno smesso anche di chiedermi.
Ma è questa la strada più giusta? Forse no. La strada più giusta è quella che pensi sia giusta per te e per il rapporto che c'è tra te e i tuoi genitori. Per questo motivo ti invito a non prendere la mia esperienza come assoluta, ma relativa, come tutte le cose che qui ti racconto. Però, al di là di questo, umanamente e professionalmente ho sempre cercato di facilitare la comunicazione tra le persone e mi sono occupata di relazioni genitori-figli, specialmente legate a queste tematiche.
Molti arrivano da me con il loro carico di emotività e stress dato da incomunicabilità con i genitori e dal fatto di sentirsi ingabbiati dalle aspettative altrui. Come dico spesso, la via preferenziale per raggiungere la pace interiore parte dalla comunicazione, in primis con se stessi.
Quindi prova a porti queste domande e a darti delle risposte che per te abbiano senso:
- Perché per te è importante che i tuoi genitori sappiano cosa fai nella vita?
- Ti sei mai sentito giudicato dai tuoi genitori? Quando?
- Riconosci l'esistenza di gap generazionali che potrebbero ostacolare la comunicazione tra voi?
Se riconosci che è importante che i tuoi capiscano che lavoro fai allora prova questo:
1. Usa metafore semplici
I genitori non hanno bisogno di conoscere la terminologia tecnica. Ad esempio, io per spiegare il lavoro che faccio in modo semplice posso dire:
“Aiuto le persone a tirare fuori il meglio di sé nel lavoro, un po’ come fa un allenatore nello sport, ma con la mente e le scelte professionali. Mi occupo di creare nuovi CV, aiutare le persone nella ricerca di un nuovo impiego e preparare colloqui di lavoro. Lo faccio tramite servizi di consulenza a distanza, online".
2. Parti dall’impatto, non dalle attività
Non raccontare solo cosa fai ogni giorno, ma che risultati crei.
Ad esempio: “Aiuto professionisti a trovare un lavoro più appagante e aziende a far crescere i propri leader. Per me non c'è soddisfazione più grande che veder crescere le persone e poterle aiutare a raggiungere i propri obiettivi di vita e lavorativi".
3. Accetta che non capiranno tutto
Non è una mancanza di rispetto, ma un limite generazionale. L’obiettivo non è convincere, è farti ascoltare.
4. Rafforza la tua sicurezza interiore
Più sei tu per primo convinto del tuo valore, meno sentirai il bisogno di cercare approvazione esterna. Questo è un lavoro di consapevolezza che il coaching facilita moltissimo.
Alla fine, la chiave è questa: quando sei tu il primo a credere nel tuo valore, non hai più paura di non essere capito o approvato dagli altri.
Essere sicuri di sé significa saper riconoscere chi sei e portarlo con autenticità in ogni contesto. È lì che smetti di dipendere dagli sguardi esterni e inizi a costruire una carriera, e una vita, che ti rappresenta davvero.
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Sono Enza Maria Saladino, career & business coach, consulente di carriera e CV writer. Posso aiutarti con un percorso di coaching dedicato alla transizione personale e professionale. Posso aiutarti a lavorare su di te, migliorando consapevolezza e fiducia, avanzando verso nuovi obiettivi professionali. Prenota una prima sessione conoscitiva: gratuita, senza impegno, ma con tutta l’intenzione di ascoltare chi vuoi diventare. Puoi farlo qui: https://calendly.com/enzamariasaladino/prenota-una-call-gratuita
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